In
Italia esistono ancora zone i cui corsi d’acqua mantengono le proprie
caratteristiche originarie, senza essere pesantemente alterati dalla mano
dell’uomo; corsi d’acqua per descrivere la cui popolazione ittica non
è necessario coniugare i verbi al passato, come purtroppo avviene da
molte altre parti (e noi lo sappiamo bene). Da un paio d’anni ho
cominciato a frequentare assiduamente, con enorme soddisfazione, uno di
questi ultimi paradisi, vale a dire la fascia pedemontana delle province
più settentrionali delle Marche, quelle di Pesaro, Ancona e Macerata.
Qui, nel raggio di qualche decina di chilometri, è concentrata una
quantità stupefacente (se consideriamo che siamo nell’Italia centrale)
di fiumi e torrenti ancora integri, selvaggi, in buona parte poco battuti
e soprattutto pescosissimi. Si tratta di
ambienti spesso ristretti ed infrascati, poco adatti all’esigente
moschista avvezzo a presentare le proprie imitazioni solo a temoli e
marmorate domiciliati in acque potabili; tuttavia, le fario di fiumi come
l’Esino, il Potenza e il Burano, tanto per fare qualche nome, non hanno
nulla da invidiare, sia per quantità che per taglia, a quelle di ben più
rinomati corsi del Nord Italia. Inoltre, anche i più insignificanti
torrentelli ospitano enormi quantità di ciprinidi, soprattutto, per quel
che riguarda noi spinningofili, cavedani che sembrano non aver mai visto
un minnow in vita propria. In aggiunta al già interessante quadro, sono
presenti numerose zone a regime speciale gestite in modo assai
intelligente, ricche di splendide trote e in cui è possibile fare catture
veramente memorabili. |
I
FIUMI
|
Relativamente
all’aspetto logistico, sono solito fare base in albergo ad Acqualagna,
centro dell’alto pesarese, famoso per i tartufi, distante circa
40 chilometri
dalla costa, facilmente raggiungibile uscendo al casello di Fano,
proseguendo lungo la statale Flaminia verso Roma. Da Piacenza sono poco più
di
300 chilometri
per circa tre ore di viaggio, decisamente ben spese. |
Provenendo
da Fano, il primo fiume che si incontra è il Metauro, principale corso della provincia di Pesaro. Per andare sul
sicuro conviene concentrarci su una delle quattro zone no-kill presenti in acque “B” (ciprinidi). Finora ho pescato
nelle due più a valle, all’altezza di Fossombrone
e Fermignano, entrambe
ospitanti fitti branchi di cavedani grossi ed aggressivi; a Fermignano ho
addirittura fatto abbondanti catture in marzo, pescando a galla con l’ABU
durante una nevicata. Gli altri no-kill
sono all’altezza di Urbania e Sant’Angelo
in Vado. Attenzione perché tutte queste zone sono chiuse in maggio
per tutelare la frega dei ciprinidi. Se poi vogliamo dedicarci alle trote,
mi hanno detto che il Meta e l’Auro, i due
torrenti che unendosi originano il fiume, sono ben popolati dai nostri
amati salmonidi. |
Poco
a monte di Fossombrone confluisce nel Metauro il Candigliano, bellissimo fiume incorniciato da spettacoli naturali
grandiosi e caratterizzato da una popolazione ittica decisamente
rilevante. Fra il ponticello di Furlo,
minuscolo centro all’ingresso dell’omonima gola, risalendo fino ad Acqualagna, laddove riceve le limpide e abbondanti acque del Burano,
il fiume ospita quantità notevoli di cavedani, anche da
50 centimetri
,
insidiando i quali mi è capitato di prendere qualche bella trota, la cui
presenza è sovente segnalata da rumorose cacciate. Pochi chilometri più
a monte, proseguendo da Acqualagna verso Apecchio, il fiume attraversa la
gola di Gorgo a Cerbara, offrendo fino a Piobbico
panorami mozzafiato, notevoli quantità di cavedani e pure discrete trote.
Per la cronaca, a Piobbico c’è la confluenza del Biscubio, affluente paurosamente infrascato in cui ho
pescato solo per un’oretta, prendendo però una fario da
44
centimetri
. Questo torrente, alcuni chilometri
a monte di Piobbico, ospita una “zona regolamentata” (interessante
tipo di zona a regime speciale dove si può pescare solo in tre giorni
della settimana, fino alle 12,
con la possibilità di trattenere un numero limitato di salmonidi), che ho
intenzione di provare in futuro.
|
Come
dicevo prima, ad Acqualagna il Candigliano riceve il Burano, fiume dove, ormai dal 1998, ho lasciato stabilmente un pezzo
del mio cuore. Andando con ordine fra le molteplici possibilità di pesca
offerte da questo paradiso, nel lungo e selvaggio tratto che va dalla foce
fino a Cagli, dove confluisce il
Bosso, le sue piane di acqua fresca e limpidissima ospitano cavedani in
quantità come non mi è mai capitato di vedere altrove, oltre ad un buon
numero di trote. Queste ultime possono raggiungere dimensioni
ragguardevoli: la prima volta che ho pescato qui, mentre tiravo a cavedani
in un fondale, ho agganciato una fario superiore al mezzo metro, che
purtroppo mi si è slamata sotto i piedi; un moschista che aveva assistito
alla scena mi ha detto di consolarmi, perché quella non era granchè in
confronto ai “sommergibili” che popolano la zona! Una “zona
regolamentata” (per quest’ultima ci vuole però il permesso) è
all’altezza dell’abitato di Cantiano.
E adesso veniamo al tratto che da solo vale la pena di un viaggio fino
qua: poco a monte di Cagli, a partire da una cava di pietra e fino
all’abitato di Cantiano, il Burano ospita una meravigliosa zona no-kill
di
7 chilometri
,
gestita dalla provincia di Pesaro; qui, in un ambiente assolutamente
ideale per la pesca alla trota, fra vegetazione lussureggiante,
vertiginose pareti di roccia e testimonianze Romane, sono presenti
bellissimi salmonidi, anche da due chili; la taglia media delle catture è
attorno ai
30 centimetri
,
pur trattandosi di pesci smaliziati e tutt’altro che facili da prendere.
Questa zona, come del resto altre di cui parleremo in seguito, è soggetta
ad un regolamento piuttosto particolare che descriverò alla fine. |
Dicevo
prima del Bosso: su questo
torrente, all’altezza di Secchiano,
a non più di dieci minuti dal no-kill
del Burano, troveremo un altro tratto con identica regolamentazione; la
taglia media è minore, ma anche qui in tutti i punti promettenti saltano
fuori trote da 35-
40 cm
, e non mancano esemplari
incredibili: tre anni fa, alla mia prima pescata in loco, ho agganciato e
perso una fario da almeno 50, e un’altra ancora più grossa l’ho vista
l’anno dopo inseguire il minnow fin sotto i miei piedi. Basta poi
guardare le foto appese al bar dove rilasciano i permessi, per rendersi
conto della popolazione salmonicola di questo torrente. A valle di questo
tratto esiste una “zona regolamentata”, anche questa con necessità di
permesso, dove però non ho mai pescato. Come se non bastasse, il tratto
basso, che con Davide abbiamo scoperto casualmente girando per Cagli alla
ricerca di un accesso al Burano, a partire dalla foce in quest’ultimo
corso ospita quantità incredibili di cavedani. |
Finora
abbiamo parlato di itinerari siti al massimo ad un quarto d’ora da
Acqualagna, centro dove, come dicevo prima, sono solito fermarmi in
albergo. Ci sarebbe ampiamente da accontentarsi, ma, aumentando un po’
il nostro raggio d’azione, potremo raggiungere parecchi altri posti
interessantissimi. |
Da
Cantiano, girando verso sinistra per Chiaserna, arriveremo in capo a dieci
minuti sulla parte alta del Sentino,
splendido torrente nella cui valle si trovano le ben note grotte di
Frasassi. In questo tratto, assimilabile ad uno dei nostri maggiori
“canali” di montagna, il Sentino ospita tantissime trote, con
esemplari sopra i
30 centimetri
che si possono facilmente scorgere dalla strada o dai rari ponticelli,
come ad esempio quello di Isola
Fossara, primo centro che si incontra andando verso valle. Proseguendo
verso il basso, e nel frattempo saremo passati in provincia di Ancona,
dopo una ventina di chilometri si arriva a Genga,
nel cuore del maestoso parco delle gole di Frasassi e della Rossa; il
tratto di torrente che scorre nella zona protetta, fino alla confluenza
nell’Esino, è interessato da un divieto di pesca, ma risalendo dal
confine a monte del parco, all’altezza dell’abitato di Colleponi
e fino a Sassoferrato ho
trovato, tanto per cambiare, impressionanti quantità di cavedani e pure
belle trote (pare ne siano presenti anche da chilo). |
Superate
le gole di Frasassi si arriva laddove il Sentino si getta nell’Esino,
fiume straordinario che coniuga una eccezionale pescosità ad un
ambiente particolarmente suggestivo. Se dalla confluenza si prosegue per
il fondovalle, quindi verso Ancona, si raggiunge in cinque minuti
l’uscita di Serra San Quirico;
qui si trova una zona no-kill
dove, risalendo, si possono facilmente scorgere fario di 40-
50 centimetri
intente a bollare, oltre ad enormi cavedani; il pesce è però veramente
difficile e in grado di mettere a dura prova il sistema nervoso. Scendendo
ancora verso valle l’Esino ospita ovunque tantissimi cavedani di grossa
taglia e dalla forza impressionante, in grado di aprire gli ami come
fossero di burro, oltre a belle trote provenienti da monte. Nel lungo
tratto che va da Maiolati Spontini fino a Jesi,
è arduo consigliare una zona migliore; vale solo la pena di segnalare che
dal ponte di Jesi (uscita Jesi
centro) a risalire fino a Ponte Pio,
in acque “B”, c’è una lunghissima zona no-kill,
e che nel tratto di Moie la
quantità e la taglia media dei cavedani sono particolarmente elevate. Ma
l’Esino è veramente un fiume completo: infatti, dalla confluenza del
Sentino verso monte, cioè in direzione di Fabriano, costituisce anche un
ottimo itinerario da trote. Personalmente ho provato soltanto in un breve
tratto in prossimità delle sorgenti, fra gli antichi centri di Matelica
ed Esanatoglia (siamo adesso in
provincia di Macerata); con Davide ci siamo finiti per caso, un giorno in
cui il resto del fiume era in piena. Per dare un’idea, immaginate un
torrentello di poco più di un metro di larghezza media, selvaggio e
infrascatissimo, dove ci si aspetterebbe solo qualche rara e smunta
trotella, e invece si finisce col non credere ai propri occhi, perché in
ogni buca ci sono quantità impressionanti di fario, compresi esemplari da
35 centimetri
e oltre. |
Vale
ancora la pena di citare il Giano,
piccolo affluente dell’Esino che ho scovato, come al solito per caso,
all’altezza di Fabriano (N.B.
Fabriano è la città della carta, quindi delle cartiere); a valle del
centro abitato è un ottimo posto da cavedani, mentre a monte, ancora in
mezzo ai condomìni, abbondano le trote, anche se non di grossa taglia. |
Nel
caso non fossimo ancora soddisfatti, e da Matelica decidessimo di
proseguire per pochi minuti verso sud, giungeremmo a Castelraimondo,
in riva ad uno dei migliori fiumi da trote di tutto l’Appennino: il Potenza.
Qui ogni anno vengono catturati mostri da 3-4-5 chili; in effetti basta
affacciarsi per un attimo da qualsiasi ponte per rendersi conto che questo
è “il” posto da trota grossa. Il tratto medio, quello che va grosso
modo da Castelraimondo, a valle fino a San
Severino Marche, è quello dove sono maggiori le possibilità di
incontro con i “salmosauri”, e pure quello in cui, guarda caso, la
pesca è più impegnativa. Salendo, poco a valle di Pioraco,
grazioso centro che purtroppo porta ancora i segni del terremoto del
’97, c’è una gola molto bella ma piuttosto impervia, dove vale
comunque la pena di provare, considerato che qui ho attaccato, fra le
altre, due fario attorno ai
45 centimetri
.
Sempre nella gola, all’altezza del paese, c’è un tratto vietato alla
pesca, dove consiglio comunque di fare un giro; infatti, qui è stato
realizzato un incredibile camminamento (“sentiero Vurgacci”), con
passerelle di legno e gradini intagliati nella roccia, che permette di
ammirare buche che sembrano ognuna la vasca di un acquario, popolate da
esemplari impressionanti che ci causeranno la caduta in acqua dei bulbi
oculari. Poche centinaia di metri a monte il fiume, inaspettatamente,
assume l’aspetto di un idilliaco chalk stream scorrente in mezzo ai
prati; qui i salmonidi sono in quantità veramente spaventosa e nel giro
di un paio d’ore si possono fare decine e decine di catture, anche se di
taglia generalmente modesta. Ma tutta la valle del Potenza, fino alle
sorgenti, affluenti compresi (fra questi molto bello lo Scarsito,
all’altezza di Pioraco), è ricchissima di acqua e di belle trote,
nonostante l’elevata pressione piscatoria. |
Tornando
ad Acqualagna, per trovare un altro interessante itinerario dovremo
stavolta proseguire verso Nord, arrivando sul Marecchia.
Il tratto alto del fiume romagnolo scorre in realtà in provincia di
Pesaro, e proprio qui, a Molino di
Bascio, c’è una zona no-kill
gestita nello stesso, intelligente modo di quelle del Burano e del Bosso.
Arrivare richiede un’ora abbondante di strada di montagna, ma ne vale la
pena. Questo fiume ha caratteristiche decisamente diverse rispetto agli
altri corsi visti finora: nel no-kill
ricorda molto, come ambiente ma naturalmente non come presenza di trote,
il Nure a valle di Farini, all’altezza della bandita. |
In
aggiunta a tutto questo ben di Dio, Acqualagna costituisce un ottimo punto
di appoggio per raggiungere, in poco più di un’ora, la
materializzazione dei sogni di qualunque pescatore ad artificiali che si
rispetti: la zona no-kill del Nera
a Borgo Cerreto. Un Eden con oltre dieci chilometri di acque
purissime, dalla portata e temperatura costanti tutto l’anno, ospitante
una popolazione salmonicola senza paragoni, in grado di autosostenersi
senza il ricorso alle semine. Qualunque cosa possa scrivere, non sarà mai
abbastanza per dare l’idea di cosa sia questo posto. Per strada,
inoltre, potremo incrociare altri interessanti corsi umbri: il Chiascio,
in cui non ho mai pescato ma di cui ricordo bene i cavedani che si
vedevano da un ponte in quel di Branca,
il Clitunno, una bella risorgiva ricca di trote e cavedani, questi ultimi
ottimamente presenti, con esemplari iperpalestrati,
anche sul Topino da Foligno a risalire. |
Per
concludere, è doveroso dire che quelli citati sono solo una minima parte
degli itinerari offerti da questa terra indimenticabile. Oltre a lunghi
tratti di ognuno dei corsi finora citati, mi rimangono da scoprire molti
altri fiumi e torrenti di cui sono venuto a conoscenza leggendo, parlando
con pescatori incontrati sui fiumi o al bar, navigando su Internet, o
semplicemente incrociandoli durante le mie peregrinazioni piscatorie: qui
si possono ancora fare due lanci in qualunque ruscello incontrato
casualmente, per quanto insignificante sia, ed avere forti possibilità di
imbattersi in qualche bella sorpresa. |
NOTIZIE
UTILI |
Prima
di tutto va detto che nelle acque di categoria “A” (salmonidi) delle
Marche occorre un tesserino, gratuito, che si può facilmente ottenere in
uno dei bar più avanti citati, e che si può usare una sola ancoretta
(quindi ai minnow va tolta quella di pancia). |
Nelle
tre zone no-kill di Burano, Bosso e Marecchia si può pescare solo con
esche artificiali, con amo singolo senza ardiglione, e solo nei giorni di
mercoledì (fortemente raccomandato, specie sul Burano, che è
letteralmente assalito anche da moschisti romagnoli, toscani, laziali,
umbri), sabato e domenica. La pesca è divisa in due turni, dalla mattina
fino alle 13 e dalle 15 fino a sera, e ad ogni turno possono accedere al
fiume massimo 16 pescatori, muniti di un permesso giornaliero che si
ritira presso i bar sotto segnalati, previa pagamento di circa 5 €. Per
il Burano bisogna andare al bar Claudia di Pontedazzo (dove si possono
fare anche i permessi per la zona regolamentata di Cantiano), appena prima
del distributore, tel. 0721-78.89.29; per il Bosso c’è il bar Angeli di
Molino di Secchiano (dove si fanno anche i permessi per la zona
regolamentata sottostante), tel. 0721-78.19.95; per il Marecchia bisogna
invece andare al bar Cardini di Molino di Bascio, a destra lungo la strada
principale, tel. 0541-91.58.26. Prima di andare in uno di questi tratti,
soprattutto sul Burano, conviene prenotarsi per telefono, cosa che si può
fare solo a partire dal lunedì della settimana in cui si intende fare
l’uscita. |
Anche
per pescare nelle acque a salmonidi della provincia di Perugia è
necessario un apposito tesserino, stavolta oneroso, che si può ottenere
presso il punto di Legambiente a Borgo Cerreto (lo stesso dove si fanno i
permessi per il Nera), previa versamento di € 5,16 sul conto n°
14265060 intestato a “Amministrazione Provinciale di Perugia tesoreria
Monte dei Paschi di Siena servizio proventi vari” con la causale
“tesserino regionale di pesca anno
2004”
. Per il no-kill del Nera il
tesserino non serve, ma bisogna munirsi di un permesso giornaliero,
reperibile come dicevo prima nel punto di Legambiente a Borgo Cerreto (è
una piccola costruzione dalla forma bizzarra, visibilissima in mezzo al
paese da parte alla statale), del costo di 15 € (ma pescare qui vale una
spesa almeno doppia). L’uscita va prenotata almeno 10 giorni prima,
specie se è per il fine settimana (n° tel. 0743/91221, dalle 8 alle
11,30 e dalle 15 alle 17), in quanto c’è un limite giornaliero al
numero di presenze; la riserva è infatti divisa in tre tratti: “A
monte”, numero massimo di 8 pescatori al giorno, “B” (l’unico dove
si può pescare anche a spinning) e “A valle”, fra tutti e due un
massimo di 12 persone. |
|